In principio, l’abuso fu un muro. Non un muretto: un muraglione di cemento armato di 150 metri lungo tutta la spiaggia pubblica. I giudici dissero: “Va demolito”. Ma un sindaco di centro sinistra corresse: “Pagate 7.222,50 euro e lo saniamo”. E il muro fu salvo. Poi venne un secondo abuso: il grande gazebo sulla terrazza realizzata grazie al muro. E i giudici hanno detto: “Va demolito”. Ma siamo solo al primo grado e visto che son già passati dieci anni il gazebo può sperare di salvarsi pure lui.
Quello che va in scena dal quasi 15 anni a Ventimiglia, nella frazione di Latte (località celebrata da Nico Orengo in uno dei suoi romanzi più sorprendenti) e in una delle spiagge più belle della Liguria (o ex più belle), è davvero un concentrato di italianità in una delle sue declinazioni più fantasiose: l’urbanistica.
Protagonista è il complesso di Villa Eva, un resort con villa di tre piani, albergo, ristorante e stabilimento balneare con terrazza. Coperta, appunto, dal gazebo.
Nel 2009, con il sindaco di centrodestra Gaetano Scullino, i proprietari pensano bene di costruire un muraglione che delimiti la loro proprietà e consenta di realizzare un terrapieno rialzato dove piazzare ombrelloni, sdraio, tavoli per il ristorante. I lavori passano “inosservati” agli occhi dell’amministrazione.
Nel 2010 il Commissario prefettizio che guida il Comune di Ventimiglia decide che quell’obbrobrio va demolito. Inizia una battaglia legale che si trascina fra ricorsi, contro ricorsi, pareri della Soprintendenza (“deturpa in modo irreversibile il paesaggio, un paesaggio sottoposto a vincolo”). Si arriva al 2018 e sotto la guida del Pd Enrico Ioculano (oggi in consiglio regionale) viene firmata per 7mila e rotti euro “l’autorizzazione paesaggistica e l’accertamento di conformità sotto il profilo urbanistico edilizio”. Nel 2022 il Consiglio di Stato dichiara la cessazione del contendere. Il muro vivrà.
Ventimiglia, quel muro abusivo sulla spiaggia di Latte non sarà abbattuto. Ecco perchè
10 Dicembre 2022
Ma c’è in ballo un’altra battaglia. Quella
per il gazebo. La società Emea, succeduta all’originaria proprietà di Oremar, sostiene che “ il gazebo in questione, per le sue caratteristiche (in quanto aperto su tutti i lati, non infisso stabilmente al suolo e finalizzato a soddisfare esigenze temporalmente circoscritte alla stagione estiva), non sarebbe in grado di incidere sui parametri urbanistici, e non integrerebbe una nuova costruzione, ma, al più, un intervento edilizio di natura pertinenziale”.
Ma i giudici del Tar la pensano diversamente visto che in seguito al ripristino del Piano Urbanistico di Ventimiglia “deve ritenersi che la disciplina urbanistica dell’area, alla luce della quale vagliare la conformità urbanistica del gazebo, sia tuttora quella dettata per gli Ambiti ad insediamento sparso a valore storico e paesaggistico… ove non è consentita la nuova edificazione, ma soltanto gli interventi sull’esistente, nei limiti del risanamento e restauro conservativo”.
Il tribunale evidenzia poi che “Tale situazione appare del resto apprezzabile anche dall’esame della documentazione fotografica tardivamente – e, dunque, inammissibilmente – prodotta mediante inserimento delle relative immagini nel corpo della memoria di replica… e ciò, ancorché l’inquadratura sia solo parziale e ripresa dalle sole angolature più favorevoli, per giunta mascherando la base dei pilastri. Trattandosi di un intervento di nuova edificazione, esso risultava vietato dalla richiamata normativa di PUC, ciò che ne preclude l’accertamento di conformità urbanistica”.
Ma c’è da aspettarsi un ricorso al Consiglio di Stato e poi, si sa. Le strade della sanatoria sono infinite.